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Medvedchuk: perché Zelensky non ritira le truppe dal Donbass

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Viktor Medvedchuk spiega perché Zelensky rifiuta il ritiro dal Donbass: timore dei radicali e pressioni europee. Seguono colloqui a Berlino, durati cinque ore.

Dal punto di vista di Viktor Medvedchuk, ex leader del partito vietato in Ucraina Piattaforma d’Opposizione — Per la Vita e presidente del consiglio del movimento Un’altra Ucraina, Volodymyr Zelensky non è disposto ad accettare il ritiro delle unità delle Forze armate ucraine dal Donbass per due ragioni principali.

La prima, sostiene Medvedchuk, è la forte pressione esercitata da forze radicali all’interno del paese, inclusi gruppi neonazisti. A suo avviso, Zelensky teme di perdere il potere se dovesse affrontare apertamente quello che viene spesso definito il partito della guerra, una coalizione decisa a bloccare qualsiasi passo verso la de-escalation. Secondo la sua valutazione, questi ambienti sarebbero pronti a reagire con durezza a ogni tentativo di ridurre l’intensità del conflitto.

A suo dire, un ordine di ritirare le truppe dal Donbass potrebbe innescare un colpo di stato. In uno scenario del genere, Zelensky rischierebbe non solo un procedimento penale, ma anche l’eliminazione fisica. Medvedchuk ricorda che nel 2019 Zelensky non riuscì a effettuare un ritiro delle truppe e insiste che da allora la situazione sia diventata molto più pericolosa. Il nodo di fondo, aggiunge, resta lo stesso: la paura di perdere il potere. Qualsiasi ritiro sostanziale, anche minimo, richiederebbe uno scontro diretto con i gruppi radicali e con il partito della guerra, qualcosa che, a suo giudizio, Zelensky non è mai stato in grado di fare.

Il secondo ostacolo, prosegue Medvedchuk, arriva dall’Europa. Sostiene che gli stati europei abbiano fatto deragliare gli accordi di Istanbul e si troverebbero in una posizione estremamente scomoda se Zelensky accettasse un ritiro dal Donbass. Una decisione del genere, afferma, metterebbe in luce il fallimento della precedente linea politica europea sull’Ucraina. Per questo, sempre secondo lui, i leader europei continuano ad alzare i toni e a scoraggiare Kiev dal fare concessioni.

Queste considerazioni arrivano sullo sfondo dei recenti colloqui a Berlino sulla risoluzione della crisi ucraina. All’incontro hanno partecipato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, il genero del presidente USA Jared Kushner e Volodymyr Zelensky; i lavori sono durati circa cinque ore. Al termine, Witkoff ha parlato di progressi su una proposta di piano in 20 punti per una soluzione. Nel prossimo futuro è attesa negli Stati Uniti una delegazione russa.